Biografie artisti, fotografi e personalità

Dagmar Hochová (Praga 1926)
Fotografa
Dopo la scuola di grafica, completata nel 1946, lavora nel campo della fotografia pubblicitaria. Studia quindi fotografia cinematografica all'Accademia d'Arte drammatica. Durante gli studi, collabora con riviste e case editrici. In seguito lavora come fotografa indipendente, dedicandosi al reportage e alla fotografia documentaria. Illustra libri e prepara il materiale fotografico per film d'autore e documentari. La sua prima personale viene allestita a Praga nel 1962; in seguito, prima del 1990, le sue fotografie vengono esposte solo sporadicamente. Negli anni 1990-1992 viene eletta deputato al parlamento ceco. La sua opera è presente in numerose collezioni e pubblicazioni ceche e straniere.
Il tema delle fotografie della Hochová sono sempre le persone, ritratte di solito nella vita di ogni giorno, in maniera non studiata; la fotografia riflette quasi sempre la fiducia che l'autrice ispira al soggetto ritratto. Temi e soggetti prediletti sono raccolti in alcuni vasti cicli, esposti e pubblicati in volume soprattutto a partire dalla metà degli anni Novanta; tra essi ricordiamo i numerosi libri di fotografie di bambini, il viaggio in Unione Sovietica del 1960 (1520, 2005), il viaggio in Vietnam del 1961 (Mot, hai, ba, 2007), i viaggi in Italia a metà anni Sessanta e vent'anni dopo (Porta Portese, 2004). Nel 2001 è stata insignita dal presidente della Repubblica di un prestigioso riconoscimento per l'eccellenza dei suoi meriti artistici.

Ladislav Bielik (Levice 1939- Budapest 1984)
Fotografo
Conseguita la maturità chimica, lavora presso l'Istituto di Virologia dell'Accademia slovacca delle scienze. Comincia a fare fotografie. Nel 1965 diviene fotoreporter al settimanale sportivo «Start» e un anno dopo al quotidiano «Smena», per poi ritornare in seguito a «Start». Il culmine del suo operato è costituito dalle fotografie scattate sulle strade di Bratislava nei primi giorni dell'occupazione nell'agosto 1968; celebre è la fotografia che ritrae un uomo a petto nudo contro un carro armato, divenuta un'icona e ripetutamente riproposta come simbolo della resistenza all'occupazione della Cecoslovacchia. A causa di queste fotografie, negli anni Settanta Bielik è vittima della «normalizzazione», viene licenziato e svolge il lavoro di fotografo free lance. Muore nel 1984 a Budapest durante una corsa automobilistica, svolgendo la sua professione.

Daniela Sýkorová (Praga 1925)
Fotografa
Sono nata a Praga il 10 maggio 1941. Ricordo le immagini che vedevo da bambina, Praga durante la guerra, bombardamenti compresi. Avevo una memoria soprattutto visiva, ma a scuola andavo bene. Decisi di dedicarmi alla fotografia a 17 anni, allora all'Accademia di cinematografia non c'era ancora l'insegnamento di fotografia documentaria e io non ero in grado di portare la cinepresa piccola, quella che pesava sette chili. Come fotografa ho collaborato con il periodico femminile «Vlasta», con riviste letterarie come «Literární noviny» e «Kulturní tvorba», con riviste illustrate come «Mladý svìt», «Svìt v obrazech». Mi è sempre piaciuto fotografare raccontando: la storia degli zingari nella Slovacchia orientale, le feste di paese, usi e costumi popolari nella provincia boema, dietro le quinte del circo, la prigione di Leopoldov ecc. Nel 1968 ho fotografato tra l'altro gli eventi dell'agosto. Per me la cosa più importante è sempre vivere gli avvenimenti, toccare le persone e la loro coscienza, mostrando loro però di preferenza l'aspetto gentile delle cose. L'agosto 1968 per noi cittadini cecoslovacchi ha rappresentato una grande umiliazione.

Rodrigo Pais (Roma 1930-2007)
Fotografo
Inizia da giovanissimo a fare i lavori più disparati: sono gli anni della guerra e bisogna arrangiarsi. Dopo anni di gavetta, la passione per la fotografia e la politica lo portano nel 1950 a diventare fotoreporter per il settimanale «Vie Nuove»; in seguito collabora con «L'Unità» e «Paese Sera». Con Giorgio Sartarelli fonda l'agenzia fotografica Pais e Sartarelli che fino al 1972, anno dello scioglimento, sarà una delle più note e apprezzate sia in Italia che all'estero.
L'amore per la sua professione in cinquant'anni di carriera gli ha permesso di raccogliere una quantità straordinaria di immagini di cronaca nera, di costume, della "dolce vita", della politica italiana e di quella dei paesi dell'est ex sovietici.

Mario De Biasi (Belluno 1923)
Fotografo
Nel corso della sua lunga carriera di fotografo e artista poliedrico, De Biasi ha sperimentato tra l'altro la fotografia della natura e della città, in particolare a Milano. Dai primi anni Cinquanta ha lavorato inoltre come fotoreporter per la rivista «Epoca», realizzando tra l'altro reportage dall'Ungheria nel 1956 e dalla Cecoslovacchia nel 1968. Ha pubblicato numerosi libri, esposto le sue fotografie in Italia e all'estero e ricevuto molti premi e riconoscimenti.

Vladimír Boudník (Praga 1924-1968)
Pittore e grafico
Nel 1942 comincia a lavorare come operaio tornitore. Negli anni 1943-1944 viene deportato per il lavoro coatto a Dortmund. Rientrato in patria, riprende il lavoro di operaio e studia alla Scuola statale di grafica, dove conosce alcuni artisti con i quali negli anni seguenti collaborerà nell'underground praghese. Nel 1952, durante una brigata di lavoro alle officine metalmeccaniche di Kladno, conosce lo scrittore Bohumil Hrabal, inaugurando un'amicizia che avrebbe ispirato tra l'altro il personaggio letterario di Vladimírek (Un tenero barbaro).
Dall'inizio degli anni Quaranta si dedica a disegno, acquarello, grafica, in un'evoluzione che dal figurativo si sposta sempre più verso la composizione astratta. Nel 1949 scrive i primi manifesti dell'«esplosionalismo», una poetica di reazione associativa alle situazioni visive ed emotive quotidiane che intende stimolare la creatività dello spettatore. Si produce anche in happening per le vie di Praga. Sperimenta «grafica attiva» e «grafica strutturale», accetta di sottoporsi a esperimenti psichiatrici per indagare la natura della creatività.
Le sue prime mostre personali si svolgono all'estero, mentre in patria espone le sue opere in modo semiclandestino, in appartamenti privati, fino al 1965, rimanendo dunque ignorato negli ambienti artistici ufficiali. Soffre di questa incomprensione e di crisi personali, che lo portano al suicidio. Negli anni Novanta sono stati pubblicati frammenti di suoi scritti e della sua corrispondenza; nel 2004 si è svolta un'imponente retrospettiva della sua opera alla Galleria Nazionale di Praga.

Milan Knížák (Plzeò 1940)
Artista e studioso di storia dell'arte
Studia arti figurative a Praga, dapprima alla facoltà di Pedagogia, poi all'Accademia di Belle Arti; per un anno frequenta anche la facoltà di Matematica. Lavora quindi come operaio edile, addetto alle pulizie, manutentore e così via. Nel corso degli anni Sessanta si produce in numerosi happening nelle vie praghesi. Nel 1967 fonda il gruppo musicale Aktual, che coniuga rock, musica aleatoria e new music e avrà un ruolo importante nell'underground musicale ceco. Alla fine degli anni Sessanta soggiorna negli Stati Uniti su invito del movimento artistico Fluxus, quindi decide di dedicarsi esclusivamente all'arte, anche applicata: scrive poesie, disegna, dipinge, fa fotografie, sculture, compone musica, progetta edifici, mobili, gioielli. Per la sua opera «apolitica» e concettuale viene ripetutamente arrestato.
Dopo la caduta del regime comunista diventa rettore dell'Accademia di Belle Arti di Praga (1990-1997), dove è tuttora docente. Dal 1999 è direttore generale della Galleria Nazionale.
A partire dal 1990 ha pubblicato alcuni libri, ha esposto le sue opere in tutta Europa, negli USA, in Canada, Australia e Siria. Le sue opinioni su arte e politica sono frequentemente al centro dell'attenzione dei media, sia per la carica provocatoria che continua a caratterizzarle, sia per il conflitto di interessi che alcuni scorgono nel suo duplice ruolo di artista e di direttore della più importante istituzione museale ceca.

Milan Laluha (Tekovské Lužany, 1930)
Pittore
Nato nel 1930 e formatosi all'Accademia di Belle Arti di Bratislava negli anni 1950-1955, Laluha aderì al Gruppo di Mikuláš Galanda, movimento d'avanguardia artistico-sociale che opponeva un'arte dalle forme «decise e semplici» al realismo dogmatico imposto dal regime. Tale movimento non poteva essere che inviso alle autorità politiche dell'epoca; fu sciolto e i suoi aderenti dichiarati non graditi.
Alla Biennale di Venezia del 1966, l'opera Villaggio Mièiná valse a Milan Laluha il Premio Osvaldo Licini e il favore della critica italiana. È a Dolná Mièiná, un villaggio della Slovacchia centrale dove l'artista ha trascorso la sua fanciullezza, che Laluha deve tanta parte della sua ispirazione.
I soggetti dei dipinti di Laluha si riducono a pochi elementi: il villaggio nelle sue diverse condizioni di luce notturna e diurna, alberi, nature morte e figure umane. La forma espressiva, originale e personalissima, è caratterizzata da elementi geometrici semplici dai colori vivi, ma mai esasperati, i quali sapientemente coniugati rendono le immagini con una profondità plastica quasi tridimensionale. L'immagine si muove su un confine che raffigura e non raffigura, tra tema tradizionale e forma non tradizionale e moderna, tra arcaicità e innovazione. L'immagine ha funzione visuale ed è contemporaneamente una metafora poetica.

Jan Skácel (1922-1989)
Si afferma come poeta negli anni Sessanta, quando dirige «Host do domu», mensile di letteratura e cultura edito a Brno, molto attento all'evoluzione di arti e cultura anche oltre i confini della Cecoslovacchia. Per il suo sostegno alle riforme e per l'opposizione al regime (espressa tra l'altro nella relazione pronunciata al Congresso degli scrittori del 1967), durante la «normalizzazione» Skácel viene messo a tacere. Nel corso di questo esilio interno continua tuttavia a scrivere poesie molto apprezzate, diffuse come samizdat o pubblicate all'estero. La sua opera omnia esce postuma a Brno nel corso degli anni Novanta. In italiano sono comparse le raccolte Il difetto delle pesche (Roma 1981) e Il colore del silenzio (Pesaro 2004).

Ludvík Vaculík (Brumov 1926)
Scrittore e giornalista, nel 1966 pubblicò Sekyra (La scura), romanzo di rottura stilistica e, di conseguenza, di denuncia anche politica ricordato accanto alle prose di Hrabal, Jedlièka, Kundera, Klíma uscite negli stessi anni. Vaculík, membro del Partito comunista cecoslovacco, anche al Congresso degli scrittori del 1967 assume posizioni critiche nei confronti della vecchia linea. Con il Manifesto delle duemila parole pubblicato nel giugno 1968 si fa portavoce del movimento popolare di sostegno al nuovo corso riformista. Con la «normalizzazione» viene espulso dal partito e continuerà nella clandestinità la sua attività di scrittore, e inoltre attivo organizzatore del movimento del dissenso e del circuito editoriale samizdat.

Jiøí KOLÁØ (Protivín 1914-Praga 2002)
Studia da falegname e fino alla fine della guerra lavora come operaio. Negli anni Quaranta fa parte dell'importante associazione letteraria e artistica Gruppo 42. Si impiega come redattore in una casa editrice, poi, dall'inizio degli anni Cinquanta, si dedica esclusivamente a scrittura e arti figurative. Nel 1952 viene arrestato e fa nove mesi di carcere per una raccolta di versi trovata dattiloscritta durante una perquisizione della polizia. A partire dal 1962 espone regolarmente, anche in Europa occidentale e negli USA; le sue personali più importanti sono state allestite nel 1975 al Guggenheim Museum di New York e nel 1999-2000 alla Galleria Nazionale di Praga. Nel 1979 si reca a Berlino Ovest con una borsa di studio; le autorità cecoslovacche non gli permettono di prolungare il soggiorno legalmente e nel 1980 decide di rimanere comunque in Occidente, a Parigi. Dopo la caduta del regime comunista, vive dapprima tra Praga e Parigi, quindi nel 1997 ritorna definitivamente a Praga.
La poetica di Koláø e la sua attività culturale nella Praga degli anni Cinquanta e Sessanta hanno influito sull'opera di scrittori di rilievo, come ad esempio Bohumil Hrabal, Václav Havel, Ludvík Vaculík.
Le sue prime quattro raccolte di poesie (1941-1945) ritraggono la quotidianità in una lingua intenzionalmente antipoetica e con una struttura compositiva ostentatamente sperimentale. Il ruolo del poeta nel caos della civiltà postbellica viene poi sottolineato con la scelta del genere diaristico, in testi che divengono una univoca e impegnata testimonianza della realtà; nel 1948 esce il primo diario, mentre gli altri potranno essere pubblicati solo alcuni decenni dopo essere stati scritti, in esilio o in Cecoslovacchia dopo il 1990. Il percorso che porta, attraverso la registrazione diaristica di testimone e giudice, dall'espressione poetica all'apparente rinuncia alle possibilità della parola scritta, è costellato di collage, le cosiddette poesie evidenti e le Poesie del silenzio (create tra il 1959 e il 1961, escono in francese nel 1988 e in ceco solo nel 1994), dove compaiono anche lettere e testi: insieme alle riproduzioni di immagini e quadri, presentano infatti ritagli di riviste e libri, biglietti di ingresso, partiture, partecipazioni funebri, orari ferroviari ecc. Al ruolo di osservatore e commentatore della vita artistica Koláø ritorna nel 2002, quando pubblica le sue brevi Annotazioni.

Zbynìk Havlíèek (1922-1969)
Poeta, traduttore, psicoterapeuta, è una delle personalità più interessanti del surrealismo ceco. La sua vasta opera poetica e scientifica, comprendente più di venti raccolte di versi e numerosi studi su psicoanalisi, psicopatologia, psicologia della creatività è rimasta a lungo inedita al di fuori del circuito samizdat. In italiano i versi di Havlíèek sono stati pubblicati su periodici e nel volume antologico Tra immaginazione e memoria (Roma 1998).

Bohumil Hrabal (1914-2001)
Tra i più grandi scrittori cechi del Novecento, anche Hrabal conosce la notorietà grazie alla liberalizzazione degli anni Sessanta. Autore di capolavori tradotti in tutto il mondo (ad esempio Una solitudine troppo rumorosa, Un tenero barbaro, Ho servito il re d'Inghilterra), scrive la breve e intensa prosa lirica Il flauto magico, da cui è tratto il brano qui citato, nel gennaio 1989, all'indomani delle manifestazioni organizzate in occasione del ventesimo anniversario della morte di Jan Palach. Una vasta scelta della sua produzione letteraria è contenuta nel volume Opere scelte, Milano 2003.

Angelo Maria Ripellino (1923-1978)
Non ha certo bisogno di presentazioni: celebre non solo come poeta, saggista e studioso di letteratura russa e ceca, ma anche per la straordinaria Praga magica (1973), scritta con nostalgia e passione dopo il tragico epilogo della Primavera; i fatti del '68 li commentava nei reportage che scriveva per «L'Espresso». Il passo qui citato è tratto dal volume di «capricci» Storie del bosco boemo (Torino 1975).