Nonostante la sua popolarità, Jim Dine rimane un artista difficilmente catalogabile in virtù soprattutto della sua volontà d’indipendenza e del suo rifiuto a identificarsi nelle categorie della critica, della storia dell’arte e del mercato. Sono esemplari l’autonomia e la libertà con le quali da sempre si rapporta al panorama dei valori accertati. Lo dimostrano le sue vicende biografiche e i suoi lavori tenacemente aderenti alle esperienze vissute, “ineducati” e “inquietanti”, come talvolta sono stati definiti.
Un nucleo importante della mostra era costituito dalle opere che Jim Dine ha donato tra il 2017 e il 2019 al Musée national d’art moderne – Centre George Pompidou di Parigi e che l’istituzione francese ha reso generosamente disponibili per quest’occasione.
Cospicui erano anche i prestiti delle opere storiche provenienti da collezioni europee, private e pubbliche, tra queste ultime il Museo di Ca’ Pesaro Venezia e il MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (entrambi questi musei prestano opere della collezione Sonnabend), il Louisiana Museum of Modern Art a Humlebaek in Danimarca, il Kunstmuseum Liechtenstein a Vaduz.
Una selezione di opere viene dagli Stati Uniti, tra cui i due celebri dipinti degli anni Sessanta A Black Shovel. Number 2 (1962) e Long Island Landscape (1963), appartenenti alle collezioni del Whitney Museum di New York. Dalle collezioni americane arrivano anche Shoe del 1961 e The Studio (Landscape Painting) del 1963, presentati entrambi dall’artista alla Biennale di Venezia del 1964.
La mostra è stata accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese, con testi di Jim Dine, Paola Bonani, Francesco Guzzetti, Annalisa Rimmaudo, Claudio Zambianchi e della curatrice, edito da Quodlibet, Macerata.
La mostra aperta al pubblico l’11 febbraio del 2020 si sarebbe dovuta chiudere il successivo 2 giugno, è stata, invece, prorogata, grazie alla generosità dei prestatori, fino all’11 luglio, per recuperare il periodo di chiusura (dall’8 marzo al 19 maggio) dovuto alle misure stabilite dal governo per il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19.
Molti degli avvenimenti Dedicati a Jim Dine e progettati per essere presentati dal vivo al Palazzo delle Esposizioni, non si sono potuti svolgere (ad eccezione delle due prime conferenze di Clara Tosi Pamphili e di Claudio Zambianchi) e in loro sostituzione sono stati progettati e commissionati interventi digitali.