Ula Sickle | The sadness


 
Mentre scrivo sono seduta sul balcone del mio appartamento a Bruxelles, dove sono in autoisolamento ormai da alcune settimane. Lo stare da sola, per parecchio tempo, non mi fa paura; sono fortunata ad avere un appartamento comodo in cui vivere e, in quanto artista, sono abituata ad auto isolarmi per periodi di concentrato lavoro. Ma, questa volta, mi sembra diverso. Ho una sensazione di angoscia che non mi abbandona mai – dovuta al virus, alla sua propagazione e soprattutto al modo in cui colpirà le popolazioni più vulnerabili, ma anche dovuta al non sapere quanto durerà e cosa ci riserverà il futuro. Dietro a questa sensazione ce n’è anche un’altra, molto più difficile da identificare. Non è esattamente paura, ma una sorta di melancolia che deriva dalla consapevolezza che il mondo che abitavamo fino a poco tempo fa è cambiato improvvisamente ed irrevocabilmente. E, probabilmente, nulla tornerà come prima nel prossimo futuro. Questa sensazione la chiamo tristezza.

Poco tempo fa è successo qualcosa di incredibile: il mondo si è improvvisamente fermato. L’Italia è stato il primo paese europeo ad essere colpito dalla pandemia, dopo la Cina, e, per molte settimane, dal Belgio abbiamo guardato l’evolversi della crisi come se appartenesse al futuro. Durante quelle prime settimane, poco prima che il lock down arrivasse in Belgio, ho iniziato a lavorare ad una nuova performance chiamata The Sadness. L’opera ha come tema di partenza la crisi climatica in atto e i sentimenti di tristezza e ansia, spesso conseguenti alla consapevolezza ecologica. Come il detective in un film noir, scopriamo che siamo tutti tragicamente coinvolti nel crimine. Questa sensazione conduce ad un senso di inerzia, quello che Timothy Morton ha definito il nostro momento di “rannicchiarsi in posizione fetale”. La devastazione dell’ambiente, inoltre, non è l’unico motivo per sentire un senso di sconforto e desolazione. Le politiche neoliberali caricano ulteriormente il problema ecologico, alienandoci gli uni dagli altri e, allo stesso tempo, contribuendo ad una percezione generale di assenza di futuro.

L’estate scorsa, durante una tournée in Germania, una musicista americana, che vive a New York, mi ha raccontato che i suoi amici ascoltano spesso Sad Rap quando si sentono giù per la direzione in cui Trump sta conducendo il paese. Il rannicchiarsi e ascoltare musica triste sembra desse loro la forza di volontà per andare avanti con le loro vite e il loro attivismo. Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che spesso la tristezza è un sentimento che allontaniamo, invece di abbracciarlo a cuore aperto. Generalmente, immergersi nelle proprie emozioni è visto come qualcosa di negativo, mentre l’ansia e la tristezza sono percepiti come problemi dell’individuo. Cosa succederebbe se considerassimo la tristezza un sentimento con cui passare del tempo e persino da condividere? Esiste un potenziale politico della nostra malinconia collettiva? Abbracciare la tristezza potrebbe darci la forza di insistere verso una nuova normalità, meno devastante verso l’ambiente e più attenta a chi è più vulnerabile?

The Sadness è uno spettacolo di danza in forma di concerto. Non potendoci incontrare in studio, stiamo proseguendo la nostra ricerca online. Lavorando da casa, ci incontriamo virtualmente per scambiare idee e condividere il nostro lavoro.
Qui di seguito un primo mix, della musicista Lynn Suemitsu, di alcune delle nostre registrazioni casalinghe:
 
 

 
 
E qualche link alla nostra ricerca in corso su Sadness & Political Melancholy:

Three Modalities of Futurelessness (Tre modalità di assenza di futuro) - Terike Haapoja

Can we re-imagine sadness as an empowering force? (Possiamo ri-immaginare la tristezza come una forza che ci conferisce potenza?)
- Neha Kale on Audrey Wollen & Sad Girl Theory

Small Anatomy of Political Melancholy - Lieven De Cauter
 
 
 

 
The Sadness (credits)
concept, coreografia, Ula Sickle; composizioni musicali Lynn Suemitsu; creazione, performance, Amber Vanluffelen, Camilo Majía Cortés, Sidney Barnes; luci, Ryoya Fudetani; tecnico del suono, Noé Voisard; app design, Black Adopo; drammaturgia, Maru Mustrieva & Persis Bekkering; costumi, Sabrina Seifried
coproduzione: CCN-Ballet national de Marseille in the frame of accueil studio - Ministère de la Culture, STUK House for Dance, Image and Sound (Leuven) / donaufestival (Krems), Pianofabriek / Kunstenwerkplaats (Brussels).
Con il supporto del Flemish Community and Canada Council for the Arts