Don McCullin è nato nel 1935 a Finsbury Park, a Londra, ed è oggi riconosciuto come uno dei più grandi fotografi del mondo. McCullin ha iniziato la sua carriera con una reflex biottica Rolleicord negli anni Cinquanta a Londra, e le sue foto, che ritraevano con una certa crudezza amici ed eventi locali, come ad esempio quella di una famigerata gang del suo quartiere, hanno subito suscitato l’interesse dei direttori delle riviste per il suo innato talento, procurandogli un lavoro al The Observer.
Durante tutta la sua carriera, la sua passione di rappresentare l'ingiustizia e la povertà non è mai venuta meno, e si è tradotta in lunghe frequentazioni delle zone povere di Londra e del nord dell'Inghilterra, per le quali è stato riconosciuto come uno dei più importanti fotografi documentaristi britannici.
Tra il 1966 e il 1984, McCullin ha lavorato principalmente per il The Sunday Times Magazine, all'epoca all'avanguardia del giornalismo critico e di inchiesta, che pubblicava ampi reportage riccamente illustrati. Tra le varie missioni di McCullin di questo periodo ci sono la guerra in Biafra, il Congo Belga, i cosiddetti troubles in Irlanda del Nord, il Bangladesh e la guerra civile del Libano. Tuttavia, le sue fotografie più apprezzate sono quelle che mettono in luce i terribili costi umani delle guerre in Vietnam e in Cambogia, da lui ampiamente documentate. Per riuscire a catturare queste immagini, allo stesso tempo intime e strazianti, McCullin è sempre stato disposto a correre rischi enormi. È stato minacciato con un coltello a un posto di blocco musulmano di Beirut perché in possesso di un accredito stampa concessogli dai falangisti, accecato dai lacrimogeni durante una rivolta a Derry, nell'Irlanda del Nord, e ferito dai frammenti di una granata in Cambogia.
Nei primi anni Ottanta, Harold Evans, leggendario direttore del Sunday Times, si dimise a causa di divergenze sull’indipendenza editoriale quando Rupert Murdoch assunse il controllo del giornale. Il sostituto di Evans, Andrew Neil, licenziò McCullin, il quale lamentava la mancanza, da parte del giornale, di una seria copertura degli eventi internazionali e sociali sotto la nuova direzione.
Nonostante l’intenzione iniziale di abbandonare la fotografia di guerra per dedicarsi al paesaggio inglese, McCullin ha continuato a girare il mondo e a fotografare, visitando l’India, la Siria e molti paesi del continente africano, dove ha realizzato un importante lavoro documentario sulla crisi dell'AIDS. Uno dei suoi viaggi più ambiziosi lo ha portato a esplorare le rovine ai confini meridionali dell'Impero romano. Questo progetto è durato diversi anni ed è documentato nel libro Southern Frontiers: A Journey Across the Roman Empire (2010). Attualmente vive con sua moglie Catherine nel Somerset. Da molti anni dedica tutto il tempo che trascorre a casa alla sua passione per il paesaggio britannico, celebrato nei suoi libri più recenti: fotografare quei paesaggi cupi e potenti allevia il peso delle sofferenze e delle tragedie di cui McCullin è stato testimone durante la sua carriera.
Don McCullin è autore di oltre una dozzina di libri e le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Nel corso degli anni, gli sono stati conferiti molti riconoscimenti, tra cui i prestigiosi premi del World Press Photo, il Cornell Capa Award dell'International Centre for Photography di New York per il contributo dato alla fotografia nella sua intera vita nel 2006, il Lucie Award per i suoi successi nel campo del fotogiornalismo nel 2016, nonché il premio alla carriera dell'International Centre for Photography nel 2020. La sua importanza nell'arte britannica è stata confermata da una retrospettiva dedicatagli dalla Tate Britain nel 2019, poi replicata alla Tate Liverpool nel 2020. Nel 1993 è stato il primo fotoreporter a essere nominato Comandante dell'Ordine dell'Impero Britannico (CBE) e in seguito nel 2017 è stato insignito del titolo onorifico di baronetto.