Febbraio 1992. Mario Boccia, fotoreporter, attraversa il mercato di Sarajevo. Il suo sguardo incontra quello di una donna, una fioraia. Lui è colpito dai suoi occhi, lei dalle due macchine fotografiche che lui porta al collo.
Un rapido scambio di parole, un caffè insieme.
A dicembre dello stesso anno il fotografo è di nuovo lì. Sarajevo è ormai, sotto gli occhi distratti dell’Europa, prigioniera di un assedio feroce che durerà quattro anni e dalle finestre si sente gridare "Pazite, Snajper!" (attenzione, cecchino!). Ma quella donna resiste con i suoi fiori apparentemente superflui. Lui le chiede a quale etnia appartenga e la risposta è: «Sono nata a Sarajevo». Il fotografo le chiede allora quale sia il suo nome e lei scarabocchia qualcosa su un foglietto: “Fioraia”.
Nessun nome, nessuna etnia, nessuna appartenenza.
Da allora, tornare a trovarla diventa per Mario un appuntamento cui non mancare. Anche nel 1994, dopo il massacro di Markale, la tragica strage del mercato di Sarajevo, il fotografo la ritrova al suo posto.
Fino al giorno in cui al suo banco lei non c’è più. E neanche i suoi fiori. Se ne è andata per sempre quella donna che aveva deciso di essere -prima di tutto e nonostante tutto- la fioraia di Sarajevo.
Un libro per ricordare chi non volle piegarsi alle divisioni etniche e religiose. Una storia, delicata e struggente, di dignità e resistenza.
Mario Boccia è fotografo e giornalista. I suoi reportage sono stati pubblicati
da molte testate italiane ed europee. Le sue foto sono state utilizzate da Agenzidell’ONU e da molte ONG. È stato corrispondente de “il Manifesto” da Sarajevo, Belgrado, Pristina, Skopje, Dyarbakir e Bagdad. Per il “Messaggero di S.Antonio” cura da cinque anni la rubrica “Volontariati”. Dal 1989 al 2005 ha lavorato in scenari di guerra, povertà e disastri ambientali (Balcani, Medio Oriente, Africa, America Latina), cercando di individuare segnali di speranza e di ricostruzione anche nelle situazioni più disperate. Non ama essere definito “fotoreporter di guerra”.
Preferisce “fotografo di lamponi”, perché sostiene la cooperativa agricola “Insieme” di Bratunac (Bosnia Erzegovina). Un’esperienza che secondo lui meriterebbe il Nobel per la Pace, perché nata nel luogo del genocidio di Srebrenica: donne bosniache che non si sono lasciate dividere dalla guerra producono confetture e succhi di piccoli frutti.
La loro linea di prodotti si chiama: “Frutti di Pace”.
Sonia Maria Luce Possentini, emiliana doc, laureata in Storia dell’arte al Dams di Bologna, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti della stessa città ed è stata allieva di Stepan Zavrel e Kveta Pakovskà. Artista del visuale, nel corso del tempo ha maturato una sua posizione di preminenza nell’ambito dell’illustrazione per l’editoria, pubblicando con le più raffinate e prestigiose case editrici italiane, e vincendo importanti premi, tanto internazionali quanto nazionali, tra cui, nel 2017, l’Andersen italiano come migliore illustratrice dell’anno.
Tra gli ultimi suoi libri, “La natura sa quasi tutto” (Carthusia 2020) su testo di Alberto Casiraghy, “Non dubitare dei sogni”, sui versi di Akiko Yosano (Carthusia 2020) e “Il mio cane è come me” (Terre di mezzo 2020).
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Ingresso libero fino a esaurimento posti
Forum - Palazzo Esposizioni Roma
via Milano 13
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